Posso immaginarti seduta sulla tua panchina rossa a guardare l’immenso infinito di quel paesaggio che non vedrai mai.
Posso immaginare i tuoi sogni e le storie mai raccontate che non hai osato pronunciare per non sporcare la purezza dei tuoi sentimenti e pensieri.
Posso immaginare la tua disperazione e quella sensazione di essere un oggetto inutile e vuoto che non si riprenderà mai dal suo dolore e dalla sua distruzione.
Posso immaginare il dolore delle tue speranze tradite e il silenzio e la cecità di coloro che non ti hanno mai dato una mano mentre, nascondendo le tue lacrime, non hai pronunciato quelle parole per spezzare il loro silenzio e l’indifferenza.
Mi siedo su questa panchina rossa, il cappotto aderente al mio corpo per trattenere l’urlo che proviene dalla mia più profonda sofferenza e non voglio dire il tuo nome, che è il mio nome, che è…
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